Sabato 20 gennaio ci siamo riunite in sede e, sotto all’angolo di squadriglia, abbiamo programmato la nostra specialità: quella di esplorazione.
Sabato 6 aprile siamo andate in uscita di squadriglia alla diga vecchia di Molare. Il nostro scopo, dato che la nostra città, Ovada, si trova tra due fiumi (Orba e Stura, che hanno anche dato i nomi ai due reparti del nostro gruppo scout), era quello di conoscere meglio il territorio della val d’Orba. Per la seconda impresa, avremmo esplorato nuovi luoghi nella valle Stura.
Abbiamo deciso di esplorare una zona di difficile accesso della valle Orba: si tratta di un’ansa abbandonata dal torrente in seguito al crollo avvenuto 89 anni fa di una diga secondaria di un grande lago artificiale.
Abbiamo percorso un tratto di sentiero fino a raggiungere la diga abbandonata detta “Bric Zerbino”.
Dopo aver visitato la struttura abbiamo camminato nell’antico alveo dell’Orba ora ridotto ad una palude ricca di flora e fauna molto interessanti.
Prima di terminare la nostra escursione abbiamo avuto modo di visitare altre strutture del vecchio impianto idroelettrico come gallerie di servizio e la condotta forzata.
STORIA DELLA VECCHIA DIGA DI MOLARE:
Alle ore 13.15 del 13 agosto 1935, a seguito di un violento nubifragio, una delle due dighe che formava il grande invaso idroelettrico di Molare collassò insieme a una porzione di terreno sul quale era fondata. L’ondata che si riversò violentemente verso valle determinò la morte di numerose vittime, tra 110 e 115 persone, e causò gravissimi danni ai sottostanti centri abitati di Molare, Ovada, Silvano d’Orba, Capriata d’Orba, Predosa e Castellazzo. La struttura idraulica cedette sotto la spinta di una massa d’acqua e fango e l’ondata che si generò percorse tutta la vallata travolgendo ogni cosa: un vicino ostello, la centrale elettrica (evacuata in tempo), numerosi ponti stradali e ferroviari e intere borgate poste nelle vicinanze dell’asta fluviale. L’ondata raggiunse la cittadina di Ovada in circa 20 minuti.
La Diga Secondaria era stata costruita su rocce poco compatte e intensamente fratturate che non offrivano sufficiente sostegno all’opera idraulica. Nel processo che seguì il disastro i responsabili della progettazione e costruzione della diga secondaria furono scagionati da qualsiasi colpa.